All’inizio erano gli anziani. Adesso sono i giovani. Più passa il tempo più ci rendiamo conto che in questa pandemia c’è veramente bisogno dello sforzo di tutti fintanto che non ci sarà una soluzione definitiva (leggasi vaccino). Era il 25 febbraio scorso quando tutto è cominciato in Ticino. Penso sia il caso di ribadirlo perché la percezione non è che siano passati 4 mesi ma ben di più. Purtroppo non è così, e questo ci fa capire quanto sia necessario che ognuno continui a fare la sua parte. A suo tempo non mi è piaciuto l’atteggiamento di chi metteva in croce gli ultrasettantenni (rei di fare la spesa) e oggi allo stesso modo non penso che si debbano colpevolizzare i giovani (rei di voler passare del tempo insieme). Ognuno di noi ha, giustamente, voluto riappropriarsi di un pezzo di quella libertà, spesso sottovalutata e data per scontata, che abbiamo visto liquefarsi a causa di un nemico subdolo e invisibile. Questo è comprensibile, ma non può essere scisso dalla responsabilità di comportarsi correttamente. Dare dei nomi falsi, e non permettere il tracciamento dei frequentatori di un locale (peraltro nell’epoca dei social dove condividiamo di tutto e di più riguardo alla nostra vita), è solo un atteggiamento sciocco. Questo bisogna spiegarlo ai giovani: comportandosi correttamente non proteggono solo loro stessi ma soprattutto tutte le persone a cui vogliono bene. In effetti dobbiamo tutti tenerlo sempre presente, in questa situazione le nostre scelte condizionano noi ma anche, in una maniera cui non siamo abituati, la società nel suo complesso.
Nell’arco di questa crisi ho evitato di esprimermi sulle singole misure man mano applicate dalle autorità. Questo non perché non abbia una mia opinione in merito, ma perché ritengo che, non avendo tutte le informazioni che possono avere le autorità sanitarie o il governo, si rischierebbe solo di creare confusione in un dibattito pubblico che è già fin troppo alimentato. Di “allenatori del lunedì”, quelli che dicono cosa andava fatto prima quando si sa già cosa è successo, non penso che si senta la necessità. Così come di chi esagera in un senso (quello dell’apertura) o nell’altro (quello della chiusura), dove ricordiamoci che c’era chi non avrebbe aperto nulla negli ultimi due mesi.
No, in questa situazione non servono estremismi, serve equilibrio e capacità di adattamento. Questo vale anche per l’apertura dei locali notturni dove nella ponderazione vanno valutati tutti gli aspetti: capisco che questi debbano poter lavorare (e rispondono a un bisogno di una parte della popolazione), ma se diventano dei luoghi di diffusione del virus, di fatto incontrollabili, bisogna agire. Penso che abbia fatto molto bene il Governo cantonale ad intervenire subito, energicamente, ma senza essere drastico. E a queste situazioni dovremo farci l’abitudine, senza drammatizzare ma senza sottovalutare, perché verosimilmente non siamo ancora alla metà del guado.
Alex Farinelli, Consigliere nazionale PLR