Alex Farinelli, contrario

Perché l’iniziativa sulla limitazione dell’Udc è da respingere?

Perché in realtà non è in gioco solo il tema della libera circolazione delle persone, come si vuole far credere, ma è un’iniziativa che mette in discussione tutti gli accordi bilaterali con l’Unione europea o almeno la parte più importante di questi accordi: quelli che regolano il nostro accesso al mercato e che sono quelli fondamentali per la nostra economia. In tedesco gli è stato dato un nome molto più emblematico: ‘kündigungsinitiative’, l’iniziativa per la rescissione. Cancellare di colpo i nostri rapporti con l’Unione europea è come segare il ramo su cui siamo seduti.

 

Lei ha citato uno dei temi usati dal comitato dai contrari all’iniziativa per un’immigrazione moderata che è appunto quella della clausola ghigliottina: caduto un accordo, cadono tutti. Alcuni giuristi non sono però concordi su questo?

Questa è una frottola messa in giro da chi è favorevole all’iniziativa. Basta leggere l’articolo 25 capoverso 4 dell’accordo sulla libera circolazione che è scritto in un italiano molto comprensibile. Se questo accordo non viene rinnovato o è rescisso da una delle parti, automaticamente entro sei mesi cadono tutti gli altri accordi bilaterali I. Qualcuno dice che magari l’Unione europea potrebbe decidere altrimenti. Io mi permetto di dire che 27 Stati in 12 mesi sicuramente non decideranno di fare un’eccezione per la Svizzera per il semplice motivo che abbiamo già provato a battere questa strada nel 2014. Ci hanno detto che quell’accordo per loro è fondamentale. È una delle libertà fondanti l’Ue che non può essere messa in discussione. L’esempio della Gran Bretagna è da questo punto di vista è emblematico. Anche loro volevano anche mettere in discussione la libera circolazione delle persone. L’hanno dovuto fare con la Brexit che sta creando problemi non indifferenti.

 

Però ci sono anche degli interessi dell’Unione europea in Svizzera. C’è la questione dei trasporti e della libertà di transito. Abbiamo degli atout da mettere sul tavolo di un eventuale negoziato che regoli in altri modi i rapporti con l’Ue?

Anche qui, mi permetta, c’è un fraintendimento. Non è che i camion europei transitino attraverso la Svizzera gratuitamente. Preleviamo una tassa di alcune centinaia di milioni l’anno. Possono transitare sì i Tir di 40 tonnellate, ma la contropartita della Svizzera è quella di poter imporre la tassa sul traffico pesante che serve a anche a spingere le merci dalla strada alla ferrovia. L’AlpTransit serve anche a questo. I promotori dell’iniziativa fanno passare il concetto che senza l’accordo sui trasporti terrestri con l’Unione europea, i camion europei non potranno passare più attraverso la Svizzera. Ma anche prima dei bilaterali c’era l’immigrazione; anche prima dei bilaterali c’erano degli scambi commerciali con l’Unione europea e ben prima dei bilaterali c’era un enorme flusso di camion attraverso la Svizzera, addirittura maggiore di quello che abbiamo oggi, e che per inciso non pagavano nulla.

 

Però c’è anche un’altra ipotesi. A noi interessa avere buoni rapporti più con i vicini prossimi. Siamo sicuri che senza queste intese con Bruxelles, la Svizzera si troverà così in difficoltà?

Non è in discussione cosa possiamo fare con i Paesi vicini. Prima erano quindici Stati, che ora sono 27, che hanno delegato a Bruxelles determinate questioni e deciso di costruire un mercato unico. Ora è chiaro che un’azienda svizzera è facilitata se può ottenere una certificazione da un unico ente invece di ottenerla in ogni singolo mercato nazionale. Gli Stati intorno a noi sanno benissimo che se contrattano insieme sono più forti. Prendiamo l’esempio del segreto bancario. Quando hanno deciso di farci pressione, è arrivata contemporaneamente da tutti, compresi gli Stati Uniti.

 

C’è il fatto che noi siamo nel cuore dell’Europa e rappresentiamo almeno tre culture europee. Non ha un peso nelle relazioni con l’Ue?.

Sì, ma non risolve tutto. Le faccio un esempio. Nei primi anni del 2000 si discuteva degli avvicinamenti degli aerei a Zurigo che potevano avere una rotta da sud, passando sul Canton Zurigo o da nord, dalla Germania. Ricordo molto bene che a un certo momento la Germania ha proposto un accordo con centomila passaggi l’anno. In Consiglio nazionale fu proprio l’Udc, ma non solo, a gridare allo scandalo dicendo che centomila erano pochi e che più voli passavano sulla parte zurighese, più era alto l’impatto ambientale e fonico e si bocciò la proposta pretendendo 120mila sorvoli l’anno. Vista la prova di forza la Germania decise di giocare la stessa partita e ci impose un limite di 80mila. Ecco, questo per dire che il nostro potere contrattuale non è illimitato.

 

Facendo il paragone con l’Inghilterra, c’è chi sostiene che è giunta l’ora della ‘Swissexit’, la nostra ‘Brexit’. Perché non è allettante diventare completamente sovrani nei confronti di Bruxelles, per gestire i nostri rapporti con l’estero, compresa l’immigrazione, autonomamente.

Ma noi già oggi possiamo gestire tutto. Il problema è che per fare degli accordi bisogna essere in due e se dall’altra parte c’è un irrigidimento, cosa che stiamo vedendo con il caso britannico, non possiamo dare l’illusione ai nostri cittadini che invece con noi ci sarà un trattamento differente. La vedo dura rinegoziare in un anno ciò che dall’Unione Europea è messo tra i diritti fondamentali (libertà di movimento). È come se domani Bruxelles ci dicesse di rinunciare al federalismo o alla neutralità, ovviamente non lo accetteremmo.

 

Però la Costituzione federale ha già un articolo sull’immigrazione, il 121a, che prevede un controllo sull’immigrazione anche dall’Ue?

Nessuno dice che l’iniziativa per la limitazione è incompatibile con la Costituzione o che non è coerente. Quello che l’Udc sta facendo è far credere alla popolazione che l’adozione di questa iniziativa non avrà come conseguenza la caduta degli accordi bilaterali I. Anzi, dice che facilmente noi potremo imporre delle nuove condizioni all’Unione europea. E non è vero. Noi possiamo liberamente rinunciare o di denunciare l’accordo. Faccio notare che come Paese non ci conviene farlo.

 

I fautori dell’iniziativa fanno presente che la facilità di reclutamento di personale oltre frontiera ha creato problemi di dumping salariale. Come replica?

Che con la caduta della libera circolazione, cadranno anche le misure di accompagnamento a tutela del mercato del lavoro. Certo, le si potrebbe mantenere come diritto interno, ma i promotori dell’iniziativa non hanno mai nascosto una certa allergia a queste misure. La questione vera è che se il testo dell’Udc venisse accettato, porteremmo il sistema indietro di vent’anni. Sarebbe come se per legge tornassimo all’uso del Nokia 3210 mentre il resto del mondo avrebbe lo smartphone. Sarebbe semplicemente anacronistico. Ci servono strumenti adeguati alla realtà attuale e la libera circolazione, insieme agli altri accordi bilaterali, è uno di questi strumenti.

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Alex Farinelli

Alex Farinelli

Nato il 16 dicembre 1981, domiciliato da sempre a Comano, ho conseguito il Bachelor in Economia (Zurigo e Lugano) e il Master in Economia e politiche internazionali. Durante gli studi ho sempre lavorato, durante le vacanze e il sabato, per 10 anni alla Manor di Vezia (che all’inizio si chiamava ancora Innovazione). Professionalmente sono entrato alla Corner Banca nel 2009, occupandomi di organizzazione interna, per poi diventare un anno dopo, nel 2010, segretario cantonale del PLR ticinese, con la responsabilità, dal 2014, di direttore di Opinione Liberale. A partire dal mese di giugno del 2015 lavoro per la Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino della quale sono Vicedirettore dal 2017. Dal 2023 siedo nel Consiglio di amministrazione della Banca Raiffeisen del Cassarate.
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